CATANIA, IL 2018 E IL LAVORO, ATTANASIO: TORNIAMO A SENTIRCI COMUNITÀ
11/02/2019 13:14
Un'analisi dell'anno appena chiuso
Perdita di posti nell'industria, nelle costruzioni e nel Terziario. Enti locali in difficoltà. Eventi naturali catastrofici per imprese e popolazioni
La politica non faccia perdere le opportunità di crescita e crei le condizioni di sicurezza, come dice Mattarella, per lavoro, istruzione ed equità sociale
Catania, 1 gennaio 2019 - Per Catania e il mondo del lavoro, il 2018 si è chiuso in chiaroscuro, con poche luci e molte ombre, segnato dal dissesto finanziario nel comune capoluogo, primo comune in Italia con oltre 300.000 abitanti ad andare in default. Per il 2019, in tale clima di preoccupante incertezza è necessario però che le opportunità vengano colte e che nessuna delle occasioni di crescita, occupazione e sviluppo vadano perdute.
Il 2018 si era aperto con grandi speranze per i progetti, molti dei quali finanziati, di infrastrutturazione contenuti nei diversi Patti sottoscritti col governo Renzi per le speranze che derivavano dalla Zona economica speciale (ZES) Catania-Augusta-Siracusa, dall’apertura del nuovo ospedale San Marco e da opere che una volta realizzate trasformerebbero il tessuto urbano-economico della città. Tutte opportunità di nuovi posti di lavoro, di consolidata realtà, di nuovi investimenti e di sviluppo della città.
Ma, già a febbraio, ci siamo dovuti ricredere subito, a causa dell’irrisolta vertenza della Cipi, la storica azienda di merchandising, che ha abbandonato la zona industriale etnea, trascinandosi dietro perdita di posti di lavoro e di tante speranze. Un abbandono che, qualche settimana fa, ha fatto il paio con quello della Micron, la multinazionale statunitense di semiconduttori. Due eventi che, se ce ne fosse ancora bisogno, hanno messo a nudo non solo l’inazione della politica locale ma anche le inefficienze e il degrado in cui è stata relegata la zona industriale catanese, sempre più a rischio desertificazione se sarà lasciata in tale stato.
Un rischio contro il quale numerose aspettative erano state riposte nell’istituzione della ZES, un toccasana per rivitalizzare le aree retroportuale e industriale. Ma le solite lentezze politico-burocratiche, assommate alle diatribe della politica isolana e nazionale, ne fanno ancora segnare il passo, rallentando così l’appuntamento con lo sviluppo delle vie economiche orientali che passeranno a breve dal Mediterraneo.
E, col tempo, purtroppo, la situazione di grande sofferenza infrastrutturale sembra essersi incancrenita, nonostante i passi che, è giusto sottolineare, ha compiuto anche la Regione riprogrammando interventi per mettere in sicurezza il territorio. A fronte dei quali, però, i progetti esecutivi in grado di essere finanziati sono pochissimi a causa della mancanza di personale qualificato in molti enti interessati.
Eppure quanto avrebbe bisogno il territorio catanese, e siciliano, di tali interventi! Ne sono testimonianza gli ultimi disastrosi eventi naturali che, tra ottobre e questi ultimi giorni di dicembre, hanno messo in ginocchio le popolazioni e l’economia della provincia etnea: l’alluvione del Calatino e il terremoto nella zona pedemontana dell’Etna. A quelle aziende e a quei lavoratori e alle loro famiglie che stanno patendo difficoltà enormi siamo vicini e diamo la nostra disponibilità per qualsiasi aiuto potremmo offrire.
L’ultimo terremoto e l’ipotesi concreta di un grande evento, manifestato dagli esperti dell’INVG, rende ancora più pressante l’avvio della realizzazione della nuova Strada dell’Etna che, attraverso i Comuni di Nicolosi, Belpasso, San Pietro Clarenza e Misterbianco, costituisca una reale via di fuga dalle immediate pendici del vulcano alla tangenziale e quindi al mare. Nello stesso tempo, va modificata l’attribuzione al territorio metropolitano di “classe sismica 2” in “classe 1”: ciò permetterebbe di migliorare l’adeguamento di molti edifici pubblici e scuole, rendendo più efficaci gli interventi di messa in sicurezza del territorio.
La crisi generalizzata dei consumi ha prodotto pesanti perdite nel settore Terziario: il gruppo Auchan ha chiuso il punto vendita di San Giuseppe La Rena a Catania, con 101 lavoratori; ipotesi contratti di solidarietà nel gruppo Abate, diversi punti vendita di altre società del ramo che presentano fortissime criticità; nessuna garanzia per il futuro per i lavoratori della catena “Distribuzione Cambria”.
Per non parlare poi di alcune fabbriche storiche, come la Dacca che, per l’applicazione di norme comunitarie, se non verranno trovate adeguate misure di sostegno alla loro riconversione, potrebbero ritrovarsi nelle condizioni di ridurre notevolmente la forza lavoro o, in estremo, chiudere i battenti, generando ulteriore disoccupazione oltre che il depauperamento della nostra provincia di grandi imprese chimiche.
Infine, le difficoltà in cui si trovano gli enti locali: col dissesto finanziario del Comune di Catania e lo stato di sofferenza dell’ex Provincia regionale, oggi Città metropolitana. Difficoltà che aprono scenari di grande incertezza non solo per i dipendenti, sia interni sia delle aziende partecipate, ma soprattutto, nel caso del default comunale, per le piccole e medie imprese creditrici dell’ente e per i loro dipendenti. Ciò potrebbe costituire un enorme danno alla città, un profondo disagio per i cittadini, un disastro per il tessuto economico.
In questo quadro oscuro, sono poche le luci che la Cisl riesce a intravvedere: l’apertura del pronto soccorso del Policlinico è un notevole passo avanti nell’innovazione dei servizi di emergenza, ma la contemporanea chiusura della struttura dell’OVE non ha risolto il problema delle lunghe attese che speriamo si alleggerisca con l’apertura del San Marco nel 2019 e del nuovo pronto soccorso del Garibaldi; va avanti il percorso di statalizzazione dell’istituto musicale Bellini, un’eccellenza regionale nel settore dell’educazione musicale, i cui lavoratori finalmente potranno avere la giusta serenità e gli studenti regolari attività accademiche; a fine anno, grazie alla norma regionale è stata avviata la stabilizzazione dei precari storici in alcuni Comuni, compreso il capoluogo.
Il 2018, dunque, si e chiuso portando con sé alcune speranze e molte attese, che non trovano posto nemmeno nella martoriata legge di bilancio nazionale che ha appena visto la luce. Una manovra aspramente criticata dal mondo del lavoro, per le amnesie nei confronti del Mezzogiorno, per la mancanza di investimenti e vera attenzione ai territori del Sud, e per altri temi su cui a gennaio il sindacato unitario si mobiliterà per fare sentire la propria voce.
Per il 2019, quindi, la Cisl di Catania si vedrà impegnata sui tanti fronti a rappresentare i diritti e le tutele delle lavoratrici e dei lavoratori, dei pensionati, delle famiglie e dei giovani e non si risparmierà nel dare supporto e idee, anche attraverso un rinnovato rapporto con le altre forze sindacali con le quali su molti temi si sta già sviluppando un serio percorso unitario, affinché Catania si rialzi e su di essa non si spenga la luce.
Ma perché ciò avvenga occorre che tutti i catanesi si sentano comunità perché, come sottolineato dal presidente Mattarella nel suo discorso di fine anno alla nazione, “sentirsi comunità significa responsabilità, perché ciascuno di noi è protagonista del futuro del nostro Paese. Ma vuol dire anche essere rispettosi gli uni degli altri”. E che sia anche la stessa politica a fare comunità ponendo le condizioni per creare sicurezza “che è anche lavoro e istruzione, più equa distribuzione delle opportunità per i giovani, attenzione per gli anziani, serenità per i pensionati”.
(rn)